Sunday, December 24, 2006

Bagni di violenza (seconda parte)


Gradualmente siamo così costretti a renderci conto della nostra natura imperfetta.
Gli amici di ceramica, che per anni hanno raccolto le ragioni dei nostri disagi dandoci in cambio redenzione, iniziano a mostrarci un po’ meglio ciò che siamo. La loro superficie un tempo lucida non ci rimanda più un’immagine di luce del lampadario riflessa, ora specchiandoci in lei vediamo opacità, decadenza, degrado. Ciò che vediamo somiglia ogni giorno di più a ciò che siamo, alla nostra natura votata al disfacimento. Ogni giorno, leggendo il futuro nei rimasugli che rimangono sul fondo della tazza, ci vediamo sempre più simili a Capuccetto Rosso nella pancia del lupo indiano.
A questo punto vi sono due tipi di reazioni umane.
Ve n’è una volta all’accettazione della propria natura, per cui si impara a vedere in quelle superfici non più smaglianti la pura realtà su noi stessi. È questa la strada che porta alla saggezza, la strada su cui esseri umani e sanitari camminano assieme condividendo il tempo che passa e l’esperienza.
Vi è poi l’altra reazione, più passionale, immediata e impulsiva, che ci fa disconoscere nell’opacità che stiamo osservando la nostra personale azione, le nostre responsabilità. Vogliamo preservare l’immagine pulita di noi e delle persone con cui condividiamo la nostra stretta amicizia di ceramica casalinga, vogliamo che niente cambi. Non siamo capaci di accettare l’esistenza stessa della decadenza come processo naturale, e quando nemmeno il Cif è più in grado di togliere ciò che non vogliamo vedere si giunge a ben più traumatiche rimozioni. Un malaugurato giorno decidiamo così che i nostri vecchi amici non sono più nostri amici. Decidiamo che hanno fatto il loro tempo, e che altri loro simili ci potranno d’ora in poi regalare quella sollevazione di mente e corpo che altrimenti non siamo più in grado di sentirci garantita.
Ed è così che in casa arrivano i sanitari nuovi…

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