Tuesday, December 12, 2006

Bagni di violenza (prima parte)


C’è una simpatica versione indiana della storia di Capuccetto Rosso che non finisce troppo bene per la protagonista femminile.
Nel suo scontro finale con il lupo, troppo presa dalle analisi anatomiche verso la presunta nonna, la ragazzina viene divorata pari pari alla sua antenata.
Ma in questa versione (che, se non sbaglio, nella sua fine negativa dovrebbe essere fedele all’originale) la cosa che più mi ha lasciato a bocca aperta è stata la conclusione del racconto, in cui si diceva spensieratamente che, in pancia al lupo, “…Little Red Riding Hood became shit”.
Quando in determinati momenti della giornata il nostro grado di putrefazione interiore raggiunge quei livelli che ci spingono a lasciarci accogliere dall’abbraccio liberatorio dei nostri amici di ceramica bianca, quando loro si fanno carico delle nostre brutture materiali e spirituali, ci sentiamo poi sollevati, distesi, felici.
I sanitari sono i nostri più intimi confidenti, pronti ad accogliere ogni nostro sfogo e ad accettarci incondizionatamente, per quanto orribili possiamo mostrarci una volta esteriorizzato ciò che riteniamo nel profondo di noi.
Eppure, con gli anni, quei giovani immacolati congiunti finiscono per diventare dei vecchi dalla superficie non così linda e irreprensibile. Persino quelli che consideriamo immutabili spugne spirituali sempre pronte alla suzione delle nostre degradazioni d’anima e corpo finiscono per ammantarsi di quell’alone ingiallito di vecchiaia.
Perdono lo smalto, si lasciano rigare dal tempo.

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